26 settembre 2007

Editors


Ancora prima che uscisse, il nuovo album degli Editors era anticipato come l’album più cupo di tutti i tempi, scomodando paragoni con Joy Division o con i Manic Street Preachers di The Holy Bible, confronti pesanti e anche pretenziosi ma oggi, una volta ascoltato An End Has A Start ci si rende conto che ogni riferimento è superfluo. La band di Birmingham ha un’identità propria e definita pur essendo inevitabilmente cresciuta ascoltando Ian Curtis, ma questo si può dire di molte altre band che però non possiedono l’abilità nello scrivere canzoni belle come gli Editors sanno fare. Inoltre intorno alla band di Tom Smith non c’è nulla, voglio dire nessun hype, nessun look studiato, nessuno a strillare che questa band vi cambierà la vita, è sempre stato così sin dal loro esordio con l’album The Back Room, gli Editors hanno sempre lasciato parlare le loro canzoni perché sono queste che durano nel tempo e che li hanno portati in cima alle chart.

Tom cosa hai fatto una volta finito il lungo tour di The Back Room?
Mi sono isolato e rinchiuso tre mesi, ho pensato ai testi, ai ritornelli per il nuovo album e mano a mano li spedivo alla band per avere un riscontro, non abbiamo pianificato nulla abbiamo solo pensato andiamo avanti e vediamo cosa succede.

Per me The Back Room era un album claustrofobico mentre An End Has A Start è più aperto, quasi arioso pur restando cupo, qual è il vostro punto di vista?
Hai ragione, è così, ci sono molte parti melodiche ariose, le canzoni si aprono e c’è meno angoscia e soffocamento e i testi sono spesso in contrasto con la melodia.

Il titolo dell’album è solo un gioco di parole o cela un significato preciso?
Molte canzoni dell’album potrebbero intitolarsi come l’album stesso per i temi che trattano. La morte è molto presente in questo lavoro perché purtroppo negli ultimi anni è stata una presenza costante nella mia vita con cui mi sono dovuto confrontare. Ho imparato a convivere con quest’elemento che fa parte della natura umana e che mi ha sempre spaventato ma di cui oggi non ho più paura. Certo non era nostra intenzione spaventare le persone con i nostri testi e infatti c’è molto amore a compensare questo disagio.

Come mai avete scelto come primo singolo Smokers Outside The Hospital Doors il pezzo che apre l’album, ha canzoni molto più immediate e radiofoniche di questa…
Perché non ci piacciono le soluzioni facili, ci andava di tornare con un pezzo di cinque minuti che finisce con un coro, abbiamo fatto una scelta artistica piuttosto che radiofonica, inoltre il video è stato girato da Arny & Kinsky registi dei video dei Sigur Ros e aggiunge un lato poetico e romantico al pezzo. Smokers Outside The Hospital Doors è una canzone che ti cresce dentro, ascolto dopo ascolto.

Siete tra i pochi gruppi che si sono fatti da soli, non siete mai stati supportati da campagne promozionali massicce, ne venduti come the next big thing, non è più gratificante raggiungere il successo in questo modo?
Certo, ma questa è un’attitudine tipica della stampa inglese noi l’abbiamo scavallata e ci siamo fatti le ossa suonando, per questo anche questo album lo abbiamo affrontato in tutta tranquillità senza pressioni. Questo ci ha permesso di liberare senza preoccupazioni la nostra creatività, ti dico solo che è stato difficile scegliere quali canzoni mettere sull’album, ne abbiamo scartate molte ma le pubblicheremo come b-side anche se si meritano di essere delle a-side.

An End Has A Start è un album che colpisce al primo ascolto ma più si ascolta e più si apprezza e si percepisce il lavoro che avete fatto, quanto ha contribuito al risultato finale aver lavorato con Garret “Jacknife” Lee alla produzione?
Molto, Garret è un ragazzo giovane e pieno d’idee, non sta mai fermo ed è in costante ricerca di qualcosa di diverso, siamo cresciuti molto e insieme lavorando a quest’album che è pieno di dettagli. Come hai detto tu più ascolti i pezzi e più ti accorgi di qualcosa che prima non c’era, Garret è riuscito ad entrare nella nostra testa e noi nella sua ed è stato un posto piacevole dove stare. Garret è convinto che ogni canzone debba essere vissuta come un momento religioso, come se il mondo si fermasse per un istante ogni volta che l’ascolti, è questa la sensazione che abbiamo cercato di ricreare in ogni pezzo. Abbiamo cercato di dare un impatto emotivo a ciascuna canzone, ci sono pezzi intensi e altri più leggeri che s’incastrano tra loro formando un percorso emozionale.

L’album è stato definito come il più cupo di tutti i tempi, che effetto ci fa?
Ci abbiamo riso sopra. A livello di testi è sicuramente più dark ma musicalmente è un album che funziona in diverse situazioni, puoi ascoltarlo prima di andare a ballare, in macchina mentre guidi o per piangere, non volevamo fare un album deprimente ne tanto meno allegro, è un album che parla di grandi cose come la vita, l’amore e la morte attraverso testi forse meno criptici del nostro esordio ma lo stesso misteriosi, mi piace mantenere nei testi una sorta d’ambiguità.

Quali sono gli album che ti porterai in tour quest’estate?
Il nuovo album dei The Boxer Rebellion che ho la fortuna di avere in anteprima ed è bellissimo, “The Sound Of Silver” di LCD Soundsystem e i Late Of The Pier una nova band inglese molto interessante.

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