26 settembre 2007

Benjy Ferree


Benjy Ferree è un ragazzo americano che come tanti sogna di trasferirsi ad Hollywood e sfondare nel mondo del cinema, così parte pieno di speranze da Silver Spring la sua città natale alla ricerca dell’american dreams che come spesso accade si rivela tutt’altro che un sogno. Per sbarcare il lunario Benjy si improvvisa babysitter e raccomandato da un’amico si ritrova a dover prendersi cura dei figli di uno dei più importanti produttori del cinema americano. Più viene a contatto con questo mondo e più pensa di non volerne far parte, intanto per intrattenere i bambini affidati alla sua protezione inizia a comporre canzoni, racconta loro storie fatte d’incanto, spensierate ma altrettanto vere, come un Robin Hood menstrello. Queste canzoni le potete ascoltare oggi nel suo album di debutto Leaving The Nest, un lavoro appassionato da ascoltare tutto d’un fiato come la migliore delle fiabe.

Come descriveresti il tuo immaginario?
Il mio immaginario è colorato, è composto da molti cartoni animati, film per bambini, è pieno di ossessioni prima su tutte quella per le melodie, è fatto di parole che ti portano ad intraprendere un’avventura da cui devi cercare di uscire correndo il rischio di perderti.

Come hai incontrato Brendan Canty dei Fugazi e quale tocco pensi abbia aggiunto alle tue canzoni?
Sono sempre stato un grande fan dei Fugazi così ho deciso di spedire i miei demo a Brendan che mi ha contattato entusiasta del mio lavoro, credo che abbia apportato un tocco cupo e sinistro all’album, la sua produzione ha tirato fuori il mio lato più inquietante.

Come sei finito a fare il babysitter a Hollywood?
Un mio amico faceva il babysitter per la famiglia di un noto produttore cinematografico, così dovendo lui partire e sapendo che ero in cerca di un lavoro mi ha chiesto di prendere il suo posto, mi ha preparato al mestiere e mi ha raccomandato alla famiglia. Non avevo un soldo e pensavo sarebbe stata anche una buona opportunità per avvicinarmi al mondo del cinema ma nel giro di due settimane ho capito che non era quello che volevo fare, che era un mondo troppo corrotto e competitivo che non apparteneva alla mia indole. Ho iniziato a comporre canzoni per i bambini che accudivo, era una forma di intrattenimento per loro, i bambini amano solo due cose da piccoli il cibo e la musica. Iniziai a suonare moltissimo tanto che cominciai ad esibirmi nei cafè locali almeno due sere a settimana rendendomi conto di quanto mi piacesse cantare anche se avevo un pubblico di cinque persone che si stavano bevendo un cappuccino.

Da adolescente eri ossessionato da Twin Peaks, mi racconti di quando hai incontrato David Lynch alla festa di compleanno di suo figlio?
E’ stata un’esperienza scioccante per me, dovevo portare i bambini che accudivo alla festa di compleanno di un loro amichetto e una volta lì ho scoperto che era il figlio di Lynch, quando me lo sono trovato di fronte mi sono fatto coraggio e gli ho detto che lo ammiravo, che era il mio eroe e che era una grandissima fonte d’ispirazione per me e lui mi guardò dritto negli occhi dicendomi: “Bless you heart Benjy”. La cosa che più adoro di Lynch è il suo modo di vedere le cose perché non sai mai dove ti porterà.

Le tue canzoni sono come delle favole, pensi che senza quest’esperienza come babysitter la tua musica serebbe stata diversa?
Assolutamente si, ho rubato ogni singola idea ai bambini, c’è qualcosa di così puro, sano e divertente in loro, sia che piangano o che ridano, che non puoi trovare in nessun’altra parte. Sono spontanei e se gli suoni una canzone cantano e se ne fregano se c’è qualcuno ad ascoltarli e se stonano, se vogliono fare una cosa la fanno e basta inoltre riconoscono se una canzone è buona perché sono terribilmente intelligenti.
Mi hanno insegnato ad essere sempre me stesso.

La prima canzone dell’album In The Countryside sembra una versione indie della colonna sonora di Robin Hood della Disney, sai quando Robin e Little John sono nella foresta pronti a derubare il Re…
E sono proprio i cartoni animati della Disney ad averla ispirata soprattutto quelli realizzati sia come mezzo di educazione per i soldati durante la seconda guerra mondiale, che come mezzo di propaganda.

Ma qual è la tua fiaba preferita?
Sicuramente oggi Pinocchio di Collodi perché il messaggio che insegna è bellissimo ma quando ero piccolo ero ossessionato da Peter Pan, l’idea di vivere su di un’isola senza adulti dove poter fare tutto quel che si vuole mi mandava fuori di testa.

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