13 dicembre 2009

Noah and the Whale



Ricordate i Noah and the Whale? Con il debutto Peaceful, the World Lays Me Down ci hanno dato un assaggio del loro folk rock emotivo guidato dalla voce profonda di Charlie Fink spalleggiata dai suoi giovani e talentuosi amici musicisti. In The First Day of Spring le emozioni e i sentimenti della band inglese si accentuano, si amplificano, con arrangiamenti sontuosi, archi, cori e una struttura da colonna sonora, il cinema è la fonte d’ispirazione primaria per la band. Un album imponente, dolce, malinconico nato sul finire di un’importante storia d’amore e accompagnato da un omonimo film girato dalla band stessa.

Charlie, The First Day of Spring è un album folk intimo, delicato, a tratti etereo e anche epico, ambizioso e coraggioso. Il vostro debutto era più folk pop e strutturato nella classica forma canzone, cosa vi ha cambiati artisticamente?
Musicalmente le influenze sono state le più diverse, ho ascoltato molta roba sperimentale, Jim O’Rourke, Yankee Hotel Foxtrot dei Wilco, il virtuosismo pianistico di John Cage, dal mio punto di vista il nostro debutto era un semplice album acustico questo è stato più un esperimento per noi.

La deluxe edition del disco è accompagnata da un film di 50 minuti, dobbiamo considerare l’album come una colonna sonora? Spiegami il progetto.
Sì lo è, il film ha una narrazione separata dal contesto del disco, è un film vero e proprio, recitato, uno completa l’altro. E’ anche stato proiettato in alcune sale indipendenti in Inghilterra ma non mi va di raccontare troppo di questo, và visto.

E’ vero che la maggior parte delle canzoni sono state scritte dopo che hai rotto con la tua ragazza, (la cantautrice Laura Marlin n.d.g.) e di conseguenza fortemente ispirate da questo avvenimento?
Posso dire che l’album delinea dei fatti che hanno caratterizzato la mia vita nell’ultimo anno, ma sei libero di vederla come preferisci, del resto le canzoni sono scritte anche per far immedesimare chi le ascolta in esse. All’inizio avevo in mente di fare un concept, ma poi ho capito che quel che più m’interessava era di creare musica che avesse una continuità, non un album fatto di pezzi ma da ascoltare come un flusso continuo dall’inizio alla fine.

Consideri questo album come un nuovo inizio?
Sì a cominciare dal titolo, la primavera segna sempre un nuovo punto di partenza e credo che questa sensazione sia il comun denominatore di tutti i pezzi del disco.

Love Of An Orchestra è un pezzo magnifico, inoltre è posto esattamente al centro del disco, avete registrato con un orchestra?
Love of an Orchestra è il cuore del disco, volevamo si percepisse questa sensazione, deve colpire con un Bang! E’ l’episodio più gioioso del disco anche se finisce come se fosse interrotto all’improvviso.

Un brusco risveglio alla realtà?
Esatto. Comunque non abbiamo registrato con un orchestra è il nostro Tom Hobden che si è occupato delle parti orchestrate, lui suona il violino e la viola, ha arrangiato gli archi e diretto le parti vocali. E’ il nostro orgoglio.

Il vostro debutto era una collezione di canzoni nato in un anno dalla vostra formazione come band, come vi sentite oggi, credete che il nuovo album rifletta in modo più chiaro e anche consistente la vostra identità di musicisti?
Senza ombra di dubbi, penso che ampli la nostra visione di band. Per noi questo album è un enorme progresso, vedi io non credo che la realizzazione di una band vada di pari passo con il successo, questo album indipendentemente da come verrà recepito per me è un grosso motivo di stima. M’interessa più ottenere rispetto come artista che ottenere un riconosciemento dettato dalle classifiche. Ma non fraintendermi amo tutt’ora il nostro primo disco e ne vado fiero, rifletteva quel che eravamo, solo che ora mi sento più ambizioso, più coraggioso e consapevole.

Una curiosità che ho letto in rete, è vero che il nome della band è un omaggio al film The Squid and the Whale?
Sì è vero, all’inizio volevamo chiamarci proprio come il film ma poi abbiamo assemblato parte del titolo con il nome del regista Noah Baumbach ed è uscito Noah and the Whale. E’ anche un modo per far sapere a chi ci ascolta che il cinema è un’influenza primaria per la band.

Tra un album e l’altro avete intitolato un tour Club Silencio, è un riferimento alll’inquitante club che si vede nel film Mullholland Drive di David Lynch?

Sì, amo Lynch e il suo modo visonario di vedere le cose, il passaggio tra realtà e finzione e come si confondono l’una nell’altra fino a non capire più quando un fatto è reale o finto. Club Silencio era un tour in cui musica e cinema diventavano un tutt’uno, c’era un programma di sala, un maschera virtuale che introduceva gli spettatori e dei filmati presi in prestito da vecchi film che amiamo ma anche immagini girate da noi. Volevamo dare un’idea old fashion, è stato un tour eccitante.

L’ultimo film di cui ti sei innamorato perdutamente?
La Vie en Rose di Olivier Dahan ma credo che il film più bello degli ultimi anni sia Il Petroliere di Paul Thomas Anderson.

The Flaming Lips “Embryonic” (Warner)


Il primo ascolto di questa nuova fatica dei Flaming Lips è estraniante. Come se Wayne Coyne e soci non fossero più tornati sulla terra dopo il folle Christmas on Mars. Suoni alieni, sintetici, cupi, inquietanti, voci effettate, rumori, versi di animali e urla interpretati niente meno che da lady Karen O. Un disco che necessita più di un ascolto per esser apprezzato e che porta i Flaming Lips verso territori inesplorati dopo aver calpestato il suolo di Marte, non c’è la psichedelia a tinte scure di The Soft Bulletin, ne la ricerca più pop di Do You Realize?? quando potrebbe essere il momento di fare il salto verso il mainstream i Flaming Lips se ne fregano e creano un disco che è un’opera d’arte astratta sia nella produzione che nelle scelte stilistiche. Oltre ai “versi” di Karen O ci sono gli MGMT in Worm Mountain, perfetti come compagni in questa allucinata avventura sonica destinata a diventare il secondo masterpiece della band.