8 ottobre 2009

THE DO


Prendete un compositore di colonne sonore francese, intimista e tenebroso e fatelo incontrare con una finlandese sexy e rockettara, due personalità e due mondi così lontani e diversi quando si incontrano generano attrito o accade la magia, è questo il caso dei The DO. Dan Levy e Olivia Bouyssou Merilathi, le cui iniziali formano il nome della band oltre che quello di una nota musicale, nascono artisticamente a Parigi, lei arriva dalla scena rock finlandese, lui crea colonne sonore, A Mouthful è il titolo del loro primo album in cui la malizia di Olivia che si muove come una Lolita, si mescolano all’esperienza di Dan, l’uomo maturo, creando un impasto indie folk rock sensuale, scazzato e accattivante. La voce di Olivia si muove sui binari del polistrumentista Dan come un rollercoaster in un parcogiochi, ci sono cadute vertiginose, loop, svolte inaspettate, ma anche salite in cui tirare il fiato, prima di precipitare di nuovo in un turbine di divertimento.

Ciao Olivia, mi racconti come hai incontrato Dan?

Ci siamo incontrati nel 2004 a Parigi, stavamo lavorando entrambi ad una colonna sonora ma separatamentre, ad un certo punto ci siamo ritrovati a dover comporre delle canzoni inisieme e ci siamo trovati così bene che abbiamo formato la band.

Quindi anche tu come Dan componi colonne sonore?

No è stata la mia prima ed unica volta, Dan è un veterano compone per la tv, per il teatro, per propiezioni d’arte contemporanea, io invece ho diverse band alle spalle con cui ho suonato, ho vissuto quell’esperienza più come un gioco.

Quindi tu sei l’anima punk dei The Do!

Ahahah! No dai! In effetti mi son trovata a suonare strumenti che non avevo mai suonato prima, Dan è un polistrumentista bravissimo quindi mi ha insegnato ha suonare il basso e la chitarra, in questo sul palco sono sicuramente punk, non avevo mai cantato e suonato contemporaneamente prima.

Insieme siete un curioso miscuglio di razze e personalità, avete gusti simili o vi scontrate?

Siamo diversi perché come hai detto tu proveniamo da diverse culture, Dan è nato e cresciuto in Francia ma sua mamma è inglese e suo papà ha origini asiatiche, io ho la mamma finlandese e il papà francese quindi abbiamo questo mix di culture. Dan mi ha fatto scoprire il lato strumentale della musica, esplorando il jazz e la musica classica, lui è un ragazzo da studio mentre io gli ho mostrato la melodia, il pop, e come ci si esibisce su un palcoscenico.

Mi piace molto il modo in cui canti, la tua voce sembra quasi uno strumento e mi piace la tua attitudine scazzata, a volte sembra che sei quasi annoiata, come una ragazza viziata che deve cantare per forza, ti ci ritrovi in questo?

Ho my God! Ahahah! Il nostro intento era quello di fare qualcosa di diverso nella musica e nel cantato, per questo gioco un sacco con la mia voce nel disco. Non è stato così facile, anche perché nessuno di noi due sapeva come comporre un album, non lo avevamo mai fatto prima quindi abbiamo iniziato scrivendo canzoni più che un album. Abbiamo cominciato per divertimento, scrivendo canzoni per noi, le prime canzoni che abbiamo creato sono state Playground Hustle e Queen Dot Kong che sono i duei episodi più sperimentali del disco. Ci siamo divertiti un sacco, lo studio è la nostra casa.

So che avete suonato degli oggetti comuni per ricreare dei suoni, mi fai qualche sempio?

E’ uno dei nostri passatempi preferiti ricavare suoni da oggetti che non sono strumenti, mi ricordo quando abbiamo spaccato un vaso di fiori interrati sul paviento, un suono davvero curioso, o quando siamo usciti per strada in cerca di un martello pneumatico!

La prima frase che pronunci in Playground Hustle traccia che apre l’album è “We Are Not Crazy”, è una dichiarazione?

Perché lo siamo! No? Abbiamo messo quella canzone all’inizio dell’album perché è una delle meno convenzionali, ci divertiva l’idea di far trovare qualcosa d’inaspettato all’inizio del disco, iniziamo una rivoluzione! E’ un atto di ribellione perché prima di allora avevamo lavorato insieme ma solo sotto la guida di un regista che ci chiedeva specificatamente cosa fare, in studio ci siamo trovati liberi e questa euforia si è trasformata in tante canzoni. La nostra etichetta non voleva Playground Hustle come prima tarccia, insinuava che la gente sarebbe scappata ascoltandola, così abbiamo lottato per metterla proprio in apertura. Libertà!

Io credo che al massimo incuiriosisca chi l’ascolta nel voler sapere cosa succede dopo…

Esatto! Grazie, per noi è la canzone che rappresenta al meglio la nostra musica.

I tuoi testi sembrano dei racconti, il giusto mix tra fantasia e realtà, è così?

Sì, non mi piace scirvere i testi come un diario, ma mi piace raccontare storie partendo da spunti personali, come se dovessi raccontarle ai miei figli anche se ancora non ne ho, ma senza essere infantile, mi piace usare l’immaginazione e farcirla di simboli. I racconti che mia mamma mi raccontava da piccola in finlandese mi hanno influenzato molto, racconti molto forti legati alla nostra tradizione.

Toglimi una curiosità, nelle vostre foto Dan sta sempre giocando con i suoi vestiti, si allaccia i pantaloni, si abbottona la camicia, come se fosse stato appena colto sul fatto…

Eheheh, beccato! Dal mio punto di vista sono foto molto spontanee, la maggior parte sono state scattate in Florida durante una vacanza, poi lasciamo spazio all’immaginazione di chi le guarda…

Di cosa non puoi fare a meno in questo momento?

Dei leggins! Non riesco a liberarmene, non riesco più ad infilarmi in un paio di pantaloni.

Si parla di vestiti, hai un designer favorito?

Credo che i designer giapponesi abbiano l’immaginazione più fervida, creano vere opere che sono per me la continuazione delle storie che amo leggere o scrivere. Nei loro vestiti c’è la storia, non si prendono troppo sul serio e amano osare con i colori come fa Tsumory Chisato uno dei miei preferiti.

So che hai registrato un paio di canzoni con Luke Pritchard dei The Kooks, che fine faranno?

Ma questo era un segreto! Sai che non lo so, probabilemnte verranno usate come b-side dai Kooks, mi piace molto la sua voce e a lui la mia, ci siamo conosciuti ad un festival in Inghilterra e alcuni giorni dopo abbiamo registrato un paio di cover degli anni ’60. Spero di sentirle presto.

Il disco che non riesci più a togliere dal tuo lettore?

Sono due, Alcohol di Goran Brecovic, un musicista fantastico e The Sicilian del tenore Roberto Alagna, ho una passione innata per le canzoni napoletane.

Marco Cresci

Nessun commento: