8 ottobre 2009

BRETT ANDERSON


Non dev’essere facile essere Brett Anderson. Icona del brit pop nei primi anni ’90 con i suoi Suede incantò molti con un affascinante voce e la sua bellezza androgina. Testi noir, sofferenza, pillole, e mal d’amore crearono due capolavori, il primo omonimo e il secondo Dog Man Star. Insieme al chitarrista Bernard Butler co-fondatore della band Brett Anderson occupa le copertine di tutte le testate musicali e fashion, è grazie a questa coppia se il giubbino di pelle nera ridiventa uno status symbol dell’indie rock e le Clipper un’istituzione dell’epoca. Come la storia c’insegna due prime donne non durano a lungo nella stessa band, così la coppia scoppia, Butler lascia gli Suede e finisce la magia. La band va avanti diritta per la sua strada e subito dopo arriva il successo commerciale con la virata pop di Coming Up, seguito da un ripido declino con un paio di dischi che non mi sento neppur di nominare, in cui Brett sembra voler rinnegare il suo passato, ignorando le canzoni che lo avevano reso celebre e persino il look che diventò più maschile e a tratti caricaturale. Nel 2004 si ricongiunge a Butler e forma i The Tears, pubblicano un album e poi scompaiono. Un paio d’anni di pausa riflessiva e dopo un fortunato tour acustico solo piano, violoncello e voce Brett Anderson torna cantautore, elegante, semplice e maestoso nelle sue interpretazioni live. Un disco omonimo nel 2007 e Wilderness nel 2008, oggi Brett è al lavoro ad un nuovo album solista, è sereno e mentre sorseggia una tazza di thè nel suo appartamento a Nothing Hill si confessa toccando inaspettatamente anche punti bui del suo passato, che oggi vive con serenità come un gentleman inglese quale è.

Ciao Brett, come va?
Ciao Marco, tutto bene grazie, sorseggio un thè comodamente seduto sul mio divano, mi sto concedendo un po’ di relax, sono pigro oggi, sarà che a Londra stranamente c’è il sole.

Sembra che in questi ultimi anni tu abbia riscoperto la gioia di esibirti e lo fai da solo con il tuo pianoforte, al massimo con l’aggiunta di un violoncello, come hai scoperto questo bisogno d’intimità?
Per caso, mi hanno chiesto di fare una data solo con il piano, mi è sembrata subito una buona idea e nel momento in cui ho cominciato a prepararmi mi sono reso conto di quanto fosse speciale e intimo esibirmi in questo modo, non l’avevo mai fatto prima e a questo punto della mia vita direi che è il perfetto modo per esibirmi.

Dagli inizi furenti alla pace interiore?
Non si tratta necessariamente di pace interiore, ma solo di approcciare le cose in modo diverso, quando ero giovane con gli Suede ero molto rumoroso ma crescendo ho capito che per tarsmettere qualcosa di forte con la musica non è necessario farlo ad alto volume, si può accoltellare qualcuno anche restando in silenzio. Volevo craere un disco semplice, spogliato, che mostrasse direttamente il mio cuore senza fronzoli e con Wilderness credo di averlo fatto. Sono così felice di come suona quel disco che mi sono messo subito al lavoro sul nuovo.

Puoi anticiparmi qualcosa?
Sto lavorando con Leo Abrahams, un musicista e cantautore che ho sempre stimato, dovrebbe uscire qualcosa entro la fine dell’anno.

Sei sempre stato abituato a lavorare in gruppo, com’è stata la prima volta che sei entrato in studio da solo?
Innanzi tutto i miei dischi a differenza di Suede e The Tears sono registrati dal vivo in studio molto velocemente, non sono stato mesi a rimuginare cosa fare e cosa non, sono libero di fare quel che voglio ed è un grande privilegio.

Una qualità che non hai mai perso nella tua musica è il romanticismo…
Molte cose sono successe nella mia vita, molti eventi mi hanno toccato e ferito e cambiato, se guardo la mia vita vedo un bellissimo viaggio che in pochi possono dire di aver percorso, il romanticismo mi ha sempre accompagnato è la chiave di questo percorso, è il mio modo di vedere la vita, è l’amore incondizionato.

Rispetto a quando hai esordito con gli Suede come vedi la discografia oggi?
La differenza è che oggi il music businness è comandato da persone sorde. Quando gli Suede hanno comnciato a fare musica non c’era quasto bisogno impellente d’infilare la musica in una categoria, non dovevamo tirare una televisione dalla finestra per far dire di noi che eravamo trasgressivi o rock’n roll. Non si pensava così tanto alla classifica o a fare il singolo giusto, c’erano meno band in giro e la qualità era più alta. Oggi posso guardarmi alle spalle e non pentirmi di quel che ho fatto, ho sempre detto la mia su tutto, so di aver ispirato delle persone e di aver creato qualcosa che la gente ha apprezzato e amato.

Collega la tua ultima produzione ad un periodo degli Suede:
Pensavo giusto ieri a quanto il mio ultimo album Wilderness sia collegato a Dog Man Star, non per la musica perché sono due album completamente diversi ma per il mood e per l’atmosfera che entrambe trasmettono, sono entrambi molto neri e ci sono canzoni come The Asphalt World e The 2 Of Us che hanno un tipo di arrangiamento che si adatta ad esser suonato solo con il pianoforte.

Il tuo ultimo album si chiama Wilderness, ma voltandoti e guardando oggi la tua carriera qual è il periodo che ritieni più selvaggio?
La metà degli anni novanta, i nostri show erano selvaggi e la mia mente drogata, ero fuori controllo. Dog Man Star fu concepito sotto l’uso di dorghe e molti tendono a pensare che sia stato questo a renderlo un disco speciale. Onestamente non credo che le droghe abbiano una stretta connessione con la creatività, le droghe sono insane, ti fanno impazzire, ricordo che stavamo per scioglierci ed eravamo sempre incazzati, ma i nostri show erano incredibili.

Per molte persone cresciute ascoltando la musica dei Suede sei considerato un’icona, come ti relazioni a questo?
Ne sono lusingato ma non mi sento tale, non ci ho mai pensato più di tanto perché credo di non avere un grande ego, sono una persona qualunque che cammina per la strada e che fa musica.

E’ difficile oggi essere Brett Anderson?
A volte sì perché vengo giudicato duramente per ogni cosa che faccio rispetto a ciò che ero, e soprattutto quando leggo le recensioni dei miei lavori noto che sono giudicato più come persona che come artista e questo mi da fastidio. In giro è pieno di giornalisti pigri che non hanno nemmeno più voglia di ascoltare un disco e si basano su un comunciato stampa per parlarne. Sono disgustato da tutto questo, voglio dire nessun li obbliga a fare questo lavoro.

Sul tuo sito tieni una classifica di libri che hai letto e di dischi che stai ascoltando, al momento cosa occupa le posizioni alte?
L’album dei Fleet Foxes, Laughing Stok dei Talk Talk, Brian Eno e i Midlake mentre per quanto riguarda i libri Monster Love di Carol Topolski.

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