20 maggio 2008

Vampire Weekend


“Fancy Afro-Pop Music” si potrebbe descrivere così la musica dei Vampire Weekend la band più strampalata e inaspettata che la scena indie newyorkese potesse offrirci. Quattro ragazzi di ventitrè anni che s’incontrano al college e iniziano a suonare insieme convogliando le loro passioni nella musica, niente di nuovo certo, se non fosse che le loro passioni sono la grammatica, Louis Vuitton, le colonie africane, indiane e David Byrne. Il fatto è che questo mix è geniale, da tempo non si sentiva un debutto tanto ispirato con canzoni tanto semplici quanto intelligenti, con trovate così folli da sembrare le più ovvie. E’ bastato il singolo Mansard Roof con le sue percussioni intrappolate e le sue tastiere fluttuanti a far accendere la miccia, tanto che oggi Ezra Koenig, Rostam Batmanglij, Chris Tomson e Chris Baio hanno tra le mani il primo album “atteso” di questo 2008 da poco iniziato.

Ezra, quale obiettivo avevate in mente prima di formare la band?
Usare strumenti rock classici per creare musica rock non convenzionale, unendo il risultato ad alcune nostre passioni come la musica classica, gli archi e la musica africana.

Se il vostro obiettivo era quello di creare qualcosa di diverso, credo che ci siate riusciti.
Grazie, credo il trucco sia nel nostro modo di lavorare insieme, quando ci troviamo a suonare tutto accade in modo molto veloce, abbiamo le idee chiare su cosa ci piace e cosa no. Non vogliamo farci influenzare dagli altri e così cerchiamo di creare il nostro suono. E’ da quando ho dieci anni che alla radio a New york sento sempre le stesse canzoni grunge, oggi ne ho ventitre e non ne posso veramente più.

Sono curioso di sapere cosa vi ha spinto a scegliere come nome Vampire Weekend perché è totalmente forviante, sembra il nome di un gruppo indie rock o emo…
Sono d’accordo se ti riferisci solo a Vampire ma nel nostro caso è seguito dalla parola Weekend che per me significa qualcosa di più solare e di divertente.

Non fraintendermi, mi piace che ascoltando il vostro disco ci si trova davanti a qualcosa di completamente inaspettato, non solo per la musica che fate ma anche per il nome che vi siete scelti, volevo solo capire se era vostra intenzione disorientare le persone…
Sì ci piace questo punto di vista, in effetti continuiamo a scacciare gotici che ci chiedono d’essere nostri amici su MySpace solo per il nome che abbiamo, non credo abbiano mai sentito una nostra canzone.

Come è successo che la cultura africana e anche quella indiana hanno influenzato e decretato il vostro stile con un risultato così pop?
Abbiamo cercato di combinare la nostra musica con diverse culture, è un processo affascinante. Credo in parte dipenda anche dal fatto che la mia famiglia sia iraniana e che mio padre abbia studiato in Inghilterra. Sono cresciuto in mezzo a culture diverse, all’inizio sembra strano che riescano a convivere tra di loro ma viste da vicino hanno diversi punti in comune. Inoltre ci siamo conosciuti alla Columbia University e quindi abbiamo riversato i nostri interessi nella musica cercando si sovvertire i clichés del rock. Ci piace la storia, la grammatica, la geografia, abbiamo utilizzato i nostri interessi per fare la nostra musica.

Non ditemi che non siete fan del lavoro di artisti come David Byrne o Peter Gabriel?
Certo che lo siamo, Byrne ci ha anche mandato un’email dopo aver visto un nostro concerto e la cosa ci ha lusingato, Non avevo mai pensato che la nostra musica potesse essere influenzata dai Talking Heads ma pensandoci mi sono accorto che abbiamo in comune lo stesso modo di relazionarci alla musica.

Vi aspettavate una simile attenzione?
Sì, sono mesi che la stampa ci sta addosso, da quando abbiamo pubblicato il nostro primo singolo Mansard Roof, quindi abbiamo avuto modo di prepararci a tutta quest’attenzione.

Vi è facile ricreare l’album dal vivo?
Non c’interessa ricreare l’album, non ci piacciono le band che dal vivo rifanno il disco. Le nostre canzoni dal vivo sono più energiche e ci divertiamo molto a suonare.

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