20 maggio 2008
Duffy
Duffy ha soli ventitre anni è la nuova promessa del pop inglese, presentata come la versione “clean” di Amy Winehouse in realtà la giovane ha ben poco da condividere con la regina del rehab. Mentre Amy è grezza, schietta con quell’attitudine da fancazzista che quando canta sembra voler dire “Cosa ci sto facendo qua io?” Duffy è solare, dolce e passionale e quando canta ci mette l’anima. Non sto preferendo l’una all’altra semplicemente va evitato il confronto. Quello di ieri sera al Pigalle Cafè di Piccadilly Circus a Londra, era il terzo concerto della sua vita e se pur ancora un po’ timida Duffy di fronte ad una platea sold out, in cui si celavano insospettabili accorsi a vedere questa next big thing tra cui Faris leader dei the Horrors, ha saputo stregare tutti con la sua voce e le atmosfere soul di Rockferry album di debutto prodotto da Bernard Butler, storico membro fondatore degli Suede.
Hai una voce incredibile, quando hai scoperto di avere queste doti e di voler fare la cantante?
Lo sto ancora scoprendo! E’ tutto nuovo per me e mi ci devo ancora abituare, sono curiosa delle reazioni che la gente ha di fronte alla mia voce ma sto ancora scoprendo da dove vengo, dove voglio andare.
Come sei venuta a contatto con la musica soul?
Amo le canzoni romantiche e sono sempre stata una persona molto sensibile e delicata, è stato difficile per me trovare la giusta scatola che mi contenesse, già da piccola mi sentivo diversa, ero una piccola donna più che una bambina e la musica soul mi ha fatto scoprire e capire chi sono. E’ stato come incontrare un’amica con il mio stesso punto di vista sul mondo.
Come è stato lavorare con Bernard Butler?
Grandioso perché mi ha lasciato la libertà di fare quello che volevo, quando sono entrata in studio i pezzi li avevo praticamente finiti, con Bernard è stato come lavorare con un amico con cui puoi ridere, essere spontaneo e scambiarti consigli. Non conoscevo gli Suede e quando l’ho incontrato non sapevo chi fosse, ero una bambina negli anni ’90 ma sapevo che sono stati una band importante per il panorama britannico.
C’è un'altra collaborazione che ti lega alla scena indie brit, hai cantato nell’album See You in the Morning dei Mint Royale, com’è accaduto che una ragazza sconosciuta sia finita a cantare in questo disco?
E’ successo che il loro manager aveva sentito dei miei demo e così li incontrai ad un festival nel Galles, ho cantato diversi brani per loro ma nel disco ne sono stati usati tre, mi chiesero anche di andare in tour con loro ma ero troppo giovane e inesperta, sentivo che non era ancora giunto il mio momento. Ricordo che non avevo soldi e fu un’opportunità grandiosa.
L’album si intitola Rockferry, si riferisce a un luogo reale o immaginario?
Credo di aver già affrontato diversi rischi nonostante la mia carriera sia appena iniziata, volevo che la gente capisse il mio mondo che io stessa sto ancora cercando di capire, Rockferry è stato il mio biglietto da visita, il mio primo singolo pubblicato su 45 giri in edizione limitata e tra tutte le canzoni che avrei potuto scegliere ho pescato forse la più rischiosa. Nell’album ci sono canzoni molto più immediate di Rockferry che è un pezzo senza ritornello, malinconico, non che la prima canzone che ho scritto. E’ un pezzo che ha provocato una mia battagalia interiore e che mette a nudo lo stato d’animo con cui è stato concepito, è un punto di partenza ma anche di arrivo, è il realizzarsi, questo è il significato che la parola Rockferry ha per me.
Quando canti dal vivo trasmetti una passione incredibile, non ci sono filtri tra te e il tuo pubblico, sei vera ed è una qualità che possiedono in pochi oggi, non trovi?
Grazie, io non sarei in grado di dare un giudizio del genere su me stessa. Era il mio terzo concerto, dici giorni fa continuavo a piangere per l’agitazione, ero una maschera nera di trucco sbavato, ma quando sono sul palco mi rendo conto che è l’unico posto dove mi sento a mio agio anche se devo ancora acquistare la confidenza.
In effetti durante il concerto quando cantavi avevi una voce forte e incredibile mentre quando parlavi al pubblico sussurravi appena, ma è anche questo che ti rende vera…
Sarebbe facile per me recitare una parte e dire con fermezza “Ciao a tutti, benvenuti al mio show” ma così facendo prenderei in giro per prima me stessa. Non mi sentirei di recitare una parte soprattutto con il genere di musica che faccio che si basa sulle emozioni e non sulle menzogne.
Qual è l’artista che ti ha ispirato più di ogni altro?
Bettye Swann, ha una voce incredibile, non smetterei mai di ascoltarla, nelle sue canzoni ci sono molti messaggi subliminali di natura sociale e politica, era una donna coraggiosa che ha avuto il coraggio di prendere una posizione, i suoi dischi sono come un tesoro per me.
Cosa ti piace invece del panorama attuale?
Bat For Lashes è incredibile e poi c’è questo gruppo nuovo americano che si chiama Black Kids prodotto da Butler il cui album uscirà per l’estate, un mix tra Joy Division, Arcade Fire e David Bowie davvero affascinante!
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