2 maggio 2009

WHITE LIES


Che viviamo in tempi bui lo abbiamo capito da un pezzo e se prima s’intravedeva una fioca luce di speranza in fondo al tunnel, oggi ci troviamo di fronte ad uno fondo nero tanto che allungando le mani non riusciamo a toccare nulla, ci viene la nause, ci gira la testa, ci sembra di cadere restando in piedi. Accusati d’essere troppo giovani e precocemente disperati i White Lies hanno intrappolato l’Inghilterra nella loro oscurità e lei li ha premiati elevandoli al primo posto delle sue charts, nessuno se l’aspettava ma questo trio di Londra ha contagiato tutta la nazione con i suoi testi disperati che parlano d’amore, morte e solitudine. A guardarli sembra strano che questi tre ragazzetti poco più che vent’enni siano in grado di affrontare tematiche così cupe in modo così toccante e diretto, solitamente sono la maturità e l’esperienza a generare testi così sofferti e disturbati. Tutti se ne sono accorti tanto che, oltre a godersi il loro successo, Harry McVeigh, voce, Charles Cave autore dei testi e bassista e Jack Lawrence-Brown, batterista, devono difendersi da chi li accusa d’essere degli emuli di Echo and the Bunnyman, Talking Heads e Joy Division anche perché prima di chiamarsi White Lies erano i Fear Of Flying e suonavano come i Maximo Park. Veri o costruiti? Le vendite di To Loose My Life… parlano da sole, i concerti sold-out pure e dopo aver visto l’intensità con cui suonano dal vivo noi gli crediamo. Siamo andati negli antri gotici di Oxford e spingendoci dentro ad un cimitero della vecchia Inghilterra abbiamo chiesto ai diretti interessati di raccontarci la verità. Forse non dovremmo credere ad un gruppo che ha la parola menzogna scritta nel suo nome, ma una bugia innocente non ha mai fatto male a nessuno, o no?

Togliamoci subito questo sassolino, ci sono molti pettegolezzi che circolano su di voi, com’è successo che una band post punk che si faceva chiamare Fear Of Flying si è convertita all’indie dark dei White Lies?
Harry: Intanto quando abbiamo formato i Fear Of Flying avevamo quindici anni, e sono proprio quelli gli anni in cui si cambia maggiormente come testa e come idee, per questo oggi che ne abbiamo diciannove siamo così diversi, la sicurezza ha preso il posto dell’indecisione e attraverso uno sbaglio abbiamo capito chi volevamo essere. Senza i Fear Of Flying non sarebbero potuti esserci i White Lies, perché è grazie a loro che abbiamo imparato ad acquisire confidenza con noi e con i nostri strumenti esibendoci per la prima volta di fronte a un pubblico, sono stati parte essenziale del nostro processo creativo. Con i White Lies sin dall’iniziamo ci è stato chiaro nella mente chi siamo e che tipo di musica vogliamo fare, per la prima volta ci siamo sentiti liberi d’essere noi stessi.
Jack: E’ come se con la band precedente stessimo in qualche modo sforzandoci d’essere qualcun altro mentre oggi siamo noi stessi.

Secondo sassolino, Charles, sei molto giovane e i tuoi testi hanno un forte legame con la morte, hai già dovuto confrontarti con lei o è la tua visione della vita?
Non ho avuto esperienza particolari, almeno non più di quante possa averne un qualunque vent’enne, nei testi viene citata molto spesso la morte ma non necessariamente vanno interpretati come reali, sono metafore che fanno riferimento alla perdita in generale, perché quando perdi un’amore o un’amicizia ti senti come morto anche se non lo sei. In un certo senso la persona che prima ti stava a fianco è come se fosse morta perché non farà più parte della tua vita.

Io credo che i tuoi testi siano molto onesti, inoltre mi piace come ti prendi cura di ogni singolo dettaglio anche quando parli di sangue. Sono curioso di sapere se la letteratura ha influenzato il tuo modo di scrivere…
Non al momento, ho studiato letteratura a scuola ma non leggo molto. I miei testi nascono dalla mia immaginazione, non tendo molto a pensare quando scrivo, fluiscono dai miei pensieri molto velocemente per questo ti ringrazio d’averli definiti onesti. Io amo scrivere, ho sempre inventato storie sin da piccolo per questo mi viene naturale trasformare immagini in parole.

Si possono riconsocere molte influenze nella vostra musica: Joy Division, Echo & The Bunnyman, OMD, Talking Heads, Depeche Mode, Duran Duran, Interpol, Editors, come riuscite a mantenere intatta la vostra identità?
Harry: Come abbiamo detto prima stiamo facendo quello che vogliamo quindi siamo noi stessi. Il nostro obiettivo è quello di fare musica come non è mai stata fatta prima cercando di non copiare nessuno, nonostante siamo d’accordo con le influenze da te citate. Credo che la nostra sia un mix di tutta la musica che ci ha accompagnato da quando abbiamo acquisito la ragione a oggi. I Talking Heads sono stati una delle band che ho ascoltato di più da bambino.

Charles, esiste secondo te l’amore senza la sofferenza?
Ok, questa è tosta… Ma devo rispondere no, se ami qualcuno veramente è perché in questa persona vedi qualcosa di speciale che sai che nessun’altro possiede e vuoi che sia tua per sempre. Sei conscio di quanto fortunato sei ad averla e a volta hai paura che anche qualcun altro la vorrebbe e così subentra la paura di perderla. Quindi credo che se ami davvero sai anche cosciente della sofferenza che potresti dover affrontare. E’ la nostra natura.

Harry hai una voce nitida e così profonda rara da trovare, quando l’hai scoperta?
Non ho mai cantanto ne a scuola, ne in un coro, ma ho sempre cantato sopra le canzoni che sentivo alla radio. La mia voce è così, non è forzata quindi fondamentalmente è un dono con cui sono nato.

Forse proprio perché mi ricorda la musica con cui sono cresciuto, ammetto d’essermi innamorato del vostro album a primo ascolto. Mi piacciono le canzoni che si possono cantare e anche ballare e voi ne avete molte nel vostro album, raggiungere questo scopo era uno dei vostri obiettivi?
Jack: Non realmente, non abbiamo mai ascoltato musica dance, nessuno di noi, ma non ci vergognamo nel dire che ci piace il pop e che lo abbiamo inserito nelle nostre canzoni, anche i Depeche Mode sono un’incredibile pop band no? Credo che il nostro obiettivo fosse quello di creare canzoni che si possono sentire anche alla radio grazie a melodie efficaci.

Come state affrontando il successo? Avete debuttato al numero uno in Inghilterra, non è un onore che capita a molti…
Harry: Siamo ancora sotto shock! Siamo lusingati e onorati ma crediamo fortemente nella qualità del nostro disco perché ci è costato molto lavoro e fatica. Questo disco è un grande momento d’orgoglio nella mia vita, non sono mai stato così contento in vita mia.
Jack: Questo successo ci darà l’opportunità di fare qualsiasi cosa vorremo in futuro, è una grande opportunità che ci aprirà molte porte.

Cosa state ascoltando sul tour bus?
Jack: School Of Seven Bells.
Harry: Tv On The Radio.
Charles: Sister Ray.

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