2 maggio 2009
LATE OF THE PIER
I Late Of the Pie sono nati in mezzo alla foreste di Castle Donington, un piccolo sobborgo che è anche uno dei maggiori centri industriali inglesi. Fabbriche, un aereoporto che funge da scalo merci e tanti alberi, aggiungiamoci la pioggia e la nebbiolina tipicamente inglesi e il panorma sembra quello tipico di un film di Spielberg degli anni ‘80 ma trasportato in Inghilterra, niente case prefabbricate quindi ma mattoni. Me li vedo Samuel Eastgate, Sam Potter, Ross Dawson and Andrew Faley alla finestra delle loro camerette mentre si messaggiano con l’alfabeto morse usando la luce delle torce. Questo connubio tra natura e industria ha gettato le basi per la musica dei Late Of the Pier, quattro ragazzi appena usciti dalla loro adolescenza con la passione per le percussioni e sintetizzatori. Fantasy Black Channell è l’album più innovativo, avvenutroso e magico uscito quest’anno, prodotto da Erol Alkan che ha aiutato la band ha raccogliere il patrimonio culturale del new rave per gettarlo via e andare oltre.
Qual è la vostra missione?
Missione… mi piace questo termine. Il fatto è che nessuno di noi voleva passare il resto della sua via a Caslte Donington in mezzo ai boschi, e tutti sapevamo di non voler fare un qualsiasi lavoro day by day ne tanto meno l’università. Volevamo fare gli artisti, avevamo tante idee, avevamo sedici anni ma sapevamo già allora di avere una missione, quella d’intrattenere le persone! All’inizio non sapevamo bene cosa fare o come suonare, e questo ci ha portato ad ottenere un suono diverso per ciascuna canzone. Abbiamo cominciato tutto suonando la chitarra e la batteria che per un teenager sono gli elementi più ovvi per iniziare a comporre musica, da questo punto di partenza direi ovvio abbiamo cercato di portare le nostre canzoni verso qualcosa di più complesso per riuscire a distinguerci dalla folla e i sintetizzatori e i sample ci hanno portato al risultato. Potresti dire che non è un procedimento nuovo ma noi invece di usare i samples per colorare le canzoni li abbiamo usati come se fossero dei veri e propri strumenti con cui jammare. Oggi puoi preregistrare tutto, ti permette di poratre con te suoni lasciando a casa gli strumenti spesso ingombranti e costosi, che sia un pianoforte o il barrito di un elefante. Brillante no?
Un paio d’anni fa il vostro album girava già in rete con il nome di Zarpcorp demo, è stato un modo di farvi notare da gente come Erol Alkan che ve lo ha poi prodotto?
Non abbiamo mai avuto problemi con il download gratuito, non ho mai capito le persone che si arrabbiano perché i loro pezzi finiscono in rete. Non ho mai speso molti soldi per la musica sono sembre stato abituato a scambiarla sia con gli amici che con la mia famiglia. Onestamente non capsico chi fa musica solo per soldi, sono proprio loro quelli che si arrabbiano. Per questo abbiamo deciso di regalarla a tutti, le persone che vogliono dare un valore alla musica sono quelle che la rovineranno. Erol si è sentito molto vicino al nostro immaginario, alle nostre costruzioni psichedeliche e avvitate, al modo in cui decostruiamo il suono, gli sono piaciute e per questo ci ha chiesto di lavorare con noi.
Siete giovanissimi, e senza esperienza avete creato un album complesso, avventuroso, in cui sperimentazioni strutturali si sovrappongono a ritornelli orecchiabili dalla struttura pop, dove avete acquisito il bagaglio che vi ha permesso di ottenere questo risultato?
Siamo coscienti del potere della musica pop e della sua ovvietà, lo scrivere ritornellli efficaci alternati a strofe più complesse che non ti aspetteresti legate insieme è il gancio traino della nostra musica. Se riesci a creare il giusto contrasto come i Kyuss hanno fatto con la musica noize in America, sarai cento vole più potente di chiunque altro.
Immagino non sia facile riproporre il suono del disco dal vivo…
E’ difficile sì, ma credo che dal vivo siamo meglio soprattutto oggi che siamo più rilassati e consapevole delle nostre potenzialità, farsi tarscinare dalla musica e non cercare di forzarla è una tecnica che per noi ha funzionato molto.
Siete nati e cresciuti in mezzo alla campagna, credi che la natura abbia infliuenzato la vostra musica?
Si ma non saprei spiegare in che modo. Vivere in mezzo al nulla credo ci abbia aiutato a sviluppare un certo immaginario, Castle Donington è il punto centrale del nulla, abbiamo un aereoporto, industrie, e intorno il nulla. Abbiam passato la nostra adolescenza in mezzo ai campi a far niente per ore, se fossimo nati in una città saremmo stati sovrastati da milioni di cose confuse e forse non avremmo avuto la chance di creare la musica nel modo in cui la facciamo oggi.
Oltre che nella musica avete un forte immaginario visivo, i vostri video sono dei corti, penso a The Bears are Coming o Heartbeat, chi è la mente creativa che ci sta dietro?
Ci piacciono gli immaginari forti, le immagini che emanano potere, siamo tutti fans di Jodorosky che per una serie di coincidenze è stato l’influenza principale del video di Heartbeat. I nostri video non hanno senso ma sono forti e completano le canzoni, le rafforzano. Siamo stati fortunati perché i registi con cui abbiamo lavorato sono riusciti a capirci e ad entrare nella nostra musica, per The Bears are Coming ad esempio sapevamo solo che avremmo girato in un bosco, ed è stata un’esperienza incredibile anche se il video che mi piace di più è Focker, abbiamo speso pochissimo per realizzarlo e come al solito le idee cheap sono le migliori, mi piace perché colpisce e cattura l’essenza della band.
Nella vostra musica c’è anche un forte aspetto cupo e sinistro, un canale fantasioso sì ma nero come dice il titolo, giusto?
Fantasy Black Channel è l’addentrarsi nelle tenebre e nella bellezza dell’immaginazione. Sono tre parole che se prendi singolarmente puoi associare all’immaginazione e sì è vero c’è un forte lato oscuro nella nostra musica, ma non puoi non avventurarti nel buoi per tirare fuori qualcosa di magico. Abbiamo una forte affinità verso l’ignoto, la nostra musica sembra uscire da un buco nero, fare quello che gia conosciamo non ci è mai piaciuto, ci annoiamo facilmente e per fortuna abbiamo un’immaginazione molto forte.
I Late of the Pier non esisterebbero senza la muscia di:
David Bowie, The White Stripes e Cut Copy.
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