2 maggio 2009

LOVVERS


S’intitola “Think” il debutto dei Lovvers, sette canzoni concentrate in dodici minuti, violente, ruvide, registrate in presa diretta come un vecchio disco punk in cui possiamo ancora sentire la polvere delle cantine in cui la band si esibita fino ad attirare l’attenzione su di se. Un antidoto ai gruppi indie inglesi, al suono omologato, un’attacco sonoro che Shaun Hencher sferra al mondo e colpisce senza pietà, quando meno te lo aspetti, come il rasoio a scatto di un maniaco. I Lovvers da Notthingam sono qui per ridefinire i ruoli, in un mondo in cui punk rock è diventato un termine mainstream e allargato che comprende nei suoi ranghi troppe mescolanze che si chiamano Green Day, Gallows o Fall Out Boy. E’ finito il tempo dei giochi è ora di fermarsi a “pensare”.

Think ha un suono lo-fi e ruvido, avevi le idee chiare su quello che volevi ottenere con i Lovvers?
Shaun: Certo, sin dal giorno in cui ho deciso di formare la band. Abbiamo registrato tutto in presa diretta in una volta sola, suonando le canzoni di fila così come sono nell’e.p., non mi piace l’idea di incidere le tracce in studio ricantando le canzoni in una stanza da solo davanti ad un microfono, non m’interessa. Volevo che Think suonasse come una band dal vivo, che sprigionasse quel certo tipo d’energia ed eccitazione.

Quindi preferisci suonare dal vivo allo scirvere nuovi pezzi?
E’ difficile da dire, però in due anni che suoniamo insieme abbiamo passato nove giorni in studio, quindi se metti a paragone le due cose la risposta viene da se. Mi piace suonare e capisco che lo studio ti può ricompensare se hai molto tempo da dedicargli, oggi credo che suonando molto stiamo imparando altrettanto ma in futuro cercheremo di dedicarci più alla vita da studio.

C’è un messaggio nel titolo Think?
Và letto in chiave ironica, si riferisce al mondo discografico, a tutte quelle band che pensano troppo a come apparire invece di attacare le spina e mettersi a suonare, la scena inglese al momento è veramente piatta, tutti vogliono solo divenatre grandi. Mi sono guardato intorno, ho guardato cosa succede e mi è sembrato divertente usare questo titolo.

Ma ti senti a tuo agio quando definiscono i Lovvers come una punk band?
Credo sia un paragone pigro. Mi piace la musica punk, ma cosa vuol dire punk rock? I primi dischi dei Pink Floyd erano punk rock ma non pensi a loro come una punk band. In generale le persone quando pensano al punk lo associano all’avere la cresta, piercing, tatuaggi, ai Sex Pistols, agli Exploited ma per me è più un modo di pensare, di vedere le cose, di comportarsi, vivendo la propria vita accettandone le diversità. Accetto la definizione di punk band come attitudine non convenzionale, ma non come sonorità.

So che hai studiato fotografia, e la copertina di Think è un tuo scatto, quali sono i fotografi che stimi?
E’ il particolare di una foto, l’immagine intera ritrae una bambina con un lecca lecca in bocca e la maglietta dell’esercito americano, è molto forte, credo che prossimamente la pubblicherò sul nostro sito. I fotografi che stimo di più sono William Eggleston, mi ha sempre ispirato potrei passare ore a guardare le sue foto, Stephen Shore un fotografo americano bravissimo e poi c’è Boris Mikhailov un ragazzo russo che ha davvero del talento, è molto provocatico con le sue foto, cattura scenari che all’apparenza sembrano normali ma che in realtà non lo sono, mi piacciono le foto che ti spingono a farti delle domande.

Il vostro e.p. dura dodici minuti, per curiosità quanto durano i vostri live?
Non più di quindici minuti, ma che problema c’è, si possono anche suonare quindici canzoni in quel lasso di tempo, alcune persone sono in disaccordo ma è solo una questione di tempo, l’importante è riuscire a trasmettere qualcosa, potremmo suonare per due ore e risultare una qualsiasi band noiosa. L’e.p. è il nostro punto di partenza per dire al mondo che esistiamo, come quando appendi il cartello “non entrare” sulla porta della tua cameretta per marcare il tuo territorio.

Vi considerate degli outsider?
In effetti non ci sono molte band con cui possiamo relazionarci, ci sono ottime band in circolazione ma non abbiamo nulla in comune con loro, soprattutto in Inghilterra.

Una canzone del vostro e.p. s’intitola Wasted Youth, ti senti parte di questa generazione?
Ho venticinque anni e non ho mai vissuto una rivoluzione musicale, non ho mai conosciuto una band che rappresentasse le mie idee portando qualcosa di diverso. Intendo band come i The Beatles o i Led Zeppelin o i Nirvana, band che hanno cambiato qualcosa che è andato anche al di fuori della musica, voglio dire cosa ho vissuto? Gli Oasis? Gli Strokes? Che tristezza…

Ma quando eri teenagers cosa ascoltavi?
Black Sabbath, Aereosmith, Fugazi, Helmet, Kyuss. Non sono mai stato fan dei Green Day anche se ci hanno più volte paragonato a loro.

I Green Day? Al massimo ai Ramones…
Oh Yeah!

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