1 febbraio 2008

Daft Punk



Dai tempi in cui hanno inventato il french touch con Homework, album che rivoluzionò il concetto della parola dance che uscì dal sottosuolo dei club per entrare nelle classifiche mainstream, i Daft Punk non hanno mai smesso di far parlare. Da Parigi Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter sono il duo di dj più rilevante e imitato degli ultimi dieci anni andando sempre controtendenza per inventarne una nuova, come la scelta di andare in tour senza un album da promuovere, come realizzare un film in veste di registi senza comporne la colonna sonora, come trasformarsi in una copia di robot mantenendo intatta la privacy e diventando dei Dj-superhero. Loro ultima mossa concedersi in un'intervista quando tutti avevano smesso di chiedergliene una stremati dai costanti rifiuti. Thomas Bangalter ci ha raccontato cosa vuol dire essere un Daft Punk.

Avete spiazzato tutti partendo con il tour Alive 2007 senza un album da promuovere, considerando che il vostro tour precedente il Daftendirektour risale al 1997, cosa vi ha spinto a tornare on the road: il desiderio di tornare sopra un palcoscenico, la voglia di ristabilire un contatto con il vostro pubblico o cosa?
Da sempre abbiamo cercato di sovvertire le regole dettate dalla discografia, chi ha deciso che bisogna progettare un tour solo in favore della promozione di un album?Abbiamo sempre fatto quel che ci piace quando ci piace e continuiamo a farlo anche oggi che l’industria discografica sta per esplodere, sempre più artisti decidono d’essere liberi e indipendenti di esprimere se stessi come vogliono. Noi abbiamo deciso di esprimerci con questo tour che è come una performance, qualcosa d’innovativo e sperimentale che nessuno ha mai fatto e che va ben oltre il dj set.

Ho visto il live ed è stata un’esperienza totale, visiva, uditiva, motoria, uno spettacolo in technicolor multivision, da dove è partito il concept per lo show?
Tutti i nostri lavori hanno un punto di partenza comune, che è riuscire a fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima e un live show ci dava maggior opportunità creativa piuttosto che chiuderci in studio e creare un nuovo album. Abbiamo creato un’esperienza visiva con luci e immagini unite al design del palco con l’enorme piramide dentro di cui suoniamo che va a completare l’effetto visivo con i nostri costumi da robot. L’estetica è da sempre al centro dei nostri lavori insieme alla tecnologia, questi gusti combinati insieme danno vita a questo powerfull show.

Immagini, video e suoni sono perfettamente sincronizzati tra loro, lo show che proponete è uguale ogni sera ho avete modo d’improvvisare?
L’unico momento che abbiamo per improvvisare sono i cambi tra una canzone e l’altra il resto dello show non ce lo permette perché è stato concepito come un musical elettronico e come a teatro devi riproporre ogni sera le stesse scene cercando di migliorare di volta in volta.

Sul palco indossate costumi da robot e per questo in molti si chiedono ci siete veramente voi all’interno o se usate delle controfigure. Il mistero fa parte dell’essere Daft Punk?
Indossare quei costumi è una sofferenza, tengono un caldo infernale ma fa parte della performance e io credo che valga la pena indossare quei costumi per esprimere la nostra creatività in modo eccitante e così appagante, esibirci a viso scoperto sarebbe noioso e non alimenterebbe tutte queste domande e questo mistero che da sempre ci segue e che fa assolutamente e volutamente parte del nostro essere. E’ la forma d’espressione quanto più vicina a quello che vogliamo essere.

Su YouTube girano filmati amatoriali del vostro tour più di qualsiasi altro artista, cosa ne pensi?
E’ grandioso, siamo così eccitati all’idea che per questo motivo abbiamo deciso di non pubblicare un dvd dello show ma solo il cd audio. Crediamo che quello che sta succedendo è così contemporaneo e nuovo, cosa ci può essere di meglio dell’espressione artistica dei nostri fan attraverso internet. Poter sperimentare insieme al nostro pubblico è stato incredibile e fonte d’ispirazione per noi.

Tra poco uscirà in dvd Electroma, il vostro primo film girato, cosa vi ha ispirato questo progetto?
Abbiamo iniziato a sperimentare con la musica e la tecnologia quindici anni fa quindi abbiamo deciso che era arrivato il momento di provare a fare la stessa cosa con il cinema. Abbiamo iniziato a filmare con la telecamera in modo totalmente libero, cercando di trasportare su pellicola le immagini che scorrevano nitide e precise nella nostra mente. Il risultato è molto spontaneo e underground, qualità che la musica elettronica oggi non può più avere perché attraverso le nostre nuove forme d’espressione abbiamo ridisegnato il concetto d’underground.

Nel film non ci sono dialoghi ma solo musica e non composta da voi, perchè?
Ci siamo concentrati molto sull’immaginario piuttosto che su di un copione, il surrealismo è stato un forte stimolo per il film e una volta riusciti a trasportare in realtà le immagini che avevamo dentro la testa non ci siamo preoccupati di legarle tra di loro con un filo logico né tanto meno dei dialoghi. In quanto alla musica penso che comporla noi stessi avrebbe deviato il risultato finale del film perché avrebbe condizionato le nostre stesse immagini, inoltre volevamo che Electroma fosse impossibile da datare.

A proposito, cosa pensi di questa nuova ondata di musica elettronica con dj come Digitalism, MSTRKRFT, Justice e Boys Noize?
Penso che questi artisti facciano della buona musica ma penso anche che l’elettronica oggi si sia evoluta in un genere predefinito come può essere il rock e credo sia difficile creare qualcosa d’innovativo, questo non toglie che ci siano in giro bravi artisti come quelli che hai nominato che sanno creare qualcosa di fresco e libero pur non essendo originali.

A quando un nuovo album?
Saremo in tour sino alla fine dell’anno dopo di che entreremo in studio.

Consigliaci un disco:
“Classics” l’ultimo album dei RATATAT.

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