1 febbraio 2008
Bat For Lashes
Siete in camera vostra di notte, stesi a letto e la luce dei lampioni filtra dalle veneziane semichiuse con un effetto strobo dato delle fronde degli alberi che si muovono al vento. Il rumore di un windchain arriva da lontano mentre le ombre giocano sul muro dando forma a strane creature che inquietano e incuriosiscono al tempo stesso, proprio come le canzoni di Natasha Khan e delle sue Bat For Lashes.Un mondo notturno in cui innocenza e mistero diventano una cosa sola, mescolando tra una canzone e l’altra immagini estrapolate da film che esplorano il passaggio dalla pubertà all’adolescenza, come E.T., The Goonies, Donnie Darko, spunti rintracciabili tra le immagini del video di What A Girls To Do? Per metà principessa e per metà guerriera Natasha dal vivo è incantevole, ascoltare i pezzi di Fur and Gold è un’esperienza trascendentale, la sua musica ti rapisce e non sai dove ti porta. Abbiamo incontrato Natasha a Parigi dopo un concerto trionfale che ha scalfito un segno nel nostro cuore come farebbero due innamorati sul loro albero.
Le tue canzoni trasmettono sensazioni inquietanti, è come se il pericolo fosse in agguato dietro l’angolo, come se qualcosa di terribile ci attende nell’immediato, da dove scaturiscono queste visioni molto simili ai film anni ’80 di Spielberg?
Mi piace lasciare le cose sott’intese, sono molto legata all’oscurità, alle creature notturne e a ciò che ci fa paura durante l’adolescenza, sono cresciuta con film come i Gremlins, The Goonies o E.T. che parlano di ragazzini che sono cresciuti al sicuro nelle loro case ma una volta usciti si trovano a dover affrontare il mondo e fa paura. Ho guardato quei film centinaia di volte, ne sono ossessionata come lo sono con Donnie Darko. I protagonisti di questi film si trovano in un istante a doversi relazionare con qualcosa di molto grande e difficile da capire, certo fa paura ma è eccitante.
Un po’ come perdere la propria innocenza?
Anche come perdere l’innocenza. E' la relazione tra l’oscuro e i simboli, tutto quello che non puoi vedere ma che sai che c’è e che è lì, la bellezza dell’invisibilità.
Tua mamma è inglese, tuo padre pakistano e da piccola hai
girato il mondo con lui perché giocava nella nazionale pakistana di squash, quest’infanzia nomade ha contribuito allo sviluppo del mondo di Bat For Lashes?
Sicuramente nel mio inconscio sì, ma in realtà ho iniziato a cantare e a comporre musica abbastanza tardi, a sedici anni ascoltavo i Nirvana e il punk rock così cantavo urlando ma facevo veramente schifo, la mia voce non può raggiungere le corde di Courtney Love e io ero davvero arrabbiata e quando cantavo in camera mia i miei genitori mi urlavano: “Stai zitta, è orribile!”. Così ho smesso, mi sono intimidita e ho iniziato a cantare sottovoce, in un modo molto esile. Poi a diciotto anni ho deciso che da grande avrei fatto la cantante seriamente e quando i miei genitori hanno cominciato a sentire le mie canzoni mi hanno detto: “Ma sei bravissima perché non hai cantato prima? La tua voce è magnifica” e io ho risposto: “Perché mi avete detto che facevo pena!”.
L’album s’intitola Fur and Gold, due materiali opposti che danno sensazioni completamente diverse. Cosa accomuna questi due elementi al tuo immaginario?
Questo album è stato costruito assemblando elementi estremi tra di loro, ho usato nuovi e vecchi strumenti per crearlo, il buio e la luce, i bambini e la sessualità. Fur, la pelliccia, rappresenta l’animale: felice, selvaggio, sciamanico e anche il lato umano di ognuno di noi. Gold, è l’oro, è l’ego, la regina, il glamour, il glitter. Entrambi gli aspetti fanno parte di me che a volte sono forte, naturale e selvaggia e altre sono femminile e mi atteggio da diva. Ci sono molti simboli nelle canzoni, sono sempre stata affascinata dalla mitologia, dagli incantesimi e dalle creature che popolano questi racconti. Credo che con gli anni le donne abbiano dimenticato il loro legame con la natura che comprende gli odori, i sensi, gli istinti, il nostro lato selvaggio è andato via via reprimendosi e io ho cercato di recuperare il mio.
Sei diplomata in arti visive e sonore all’università di Londra, quanto questo ti ha aiutato a sviluppare in modo così naturale il tuo mondo?
Moltissimo, per me è molto naturale associare immagini a suoni, quando compongo, mi viene subito in mente un ipotetico video e viceversa, aver studiato animazione, illustrazione e sonoro all’università mi ha aiutato moltissimo, mi ha dato i mezzi per mettere in pratica i miei personaggi, le mie visioni femminili, ancestrali e il mondo che gravita intorno a loro. La musica per me è come un antico rituale che cerco di condividere e di trasmettere anche nel modo in cui mi vesto, è una forma di rispetto verso quello che faccio e verso il mio pubblico.
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