1 febbraio 2008

Jack Penate


Colori sgargianti, jeans sgualciti e arrotolati che fanno spuntare i calzettoni da un paio di sneakers consunte, l’esuberanza di Jack Penate traspare immediatamente, sia che s’incontri per strada o che si veda suonare, sorriso sulle labbra e sguardo gentile non lo abbandonano mai. Mezzo inglese e mezzo spagnolo Jack a sedici anni ha deciso che fare il musicista sarebbe stata la sua professione. Raggiunta la maggiore età ha iniziato a farsi le ossa suonando prima nei pub e poi inserendosi nella club scene di Londra diventando, (complice anche MySpace), un punto di riferimento per i giovani frequentatori delle indie night più cool.Non pensate di aver già capito tutto perchè Jack Penate è un cantautore ma con il look a metà strada tra il nu rave e il rockabilly e quando suona la chitarra balla muove i piedi freneticamente, come se le scarpe avessero preso vita trascinandosi appresso il resto del corpo come nel video di Spit At Stars. Alcuni gli danno del clown per questo ma lui se ne fotte, dice di non riuscire a stare fermo quando suona la chitarra come Stevie Wonder scuote la testa mentre suona il pianoforte posseduto dalla sua stessa musica. Niente sintetizzatori, fischietti ne tanto meno sirene della polizia, in Matinèe c’è del sano e divertente rock’n roll influenzato dallo ska, abbinato a qualche episodio più intimista dall’anima soul, che porterà alla ribalta questo nuovo e adorabile ragazzo del quartiere.

Jack, raccontaci com’è iniziata la tua avventura:
Sogno di diventare una star del rock’n roll da quando ho unidici anni, ho iniziato allora a suonare la chitarra, poi verso i sedici ho capito che fare il musicista sarebbe stato qualcosa di più di un semplice hobby. Formai una band con i miei compagni di college e iniziammo a girare i pub suonando, ho ricordi stupendi legati a quel periodo facevamo un casino pazzesco! E’ stato proprio il far parte di una band a farmi capire che volevo diventare un solista e creare la mia musica senza scendere a compromessi e in totale libertà. Ho iniziato così a suonare nei locali di Londra partecipando a serate esclusivamente acustiche esibendomi con una chitarra elettrica. Mi divertivo a fare casino sul palco lasciando i presenti spaesati e intontiti, sono andato avanti per due anni in questa direzione e senza l’aiuto di nessuno il mio nome ha cominciato a girare, mi sono trovato una folta fan base con la gente che veniva a vedermi suonare in qualsiasi parte della città.

Così ti ha notato la XL Recordings e ti ha offerto un contratto, giusto?
Sì ma dopo due anni di lavoro, e per un diciannovenne due anni sono un’eternità! Soprattutto nel presente che si può raggiungere la celebrità in un’ora ma non mi lamento ho accumulato molta esperienza e per diventare un musicista professionista è la giusta base di partenza.

Quali sono gli artisti che ti hanno spinto ad intraprendere questa professione?
Sembrerà un clichè ma ho ascoltato di tutto. Da piccolo ascoltavo Bob Dylan, Joni Mitchell, Tim Buckley e Neil Young, sono rimasto ossessionato da Nick Drake e non ascoltavo altro che folk. Poi è arrivato Jeff Buckley e in seguito ho scoperto il soul d’Otis Reding e il funk di Prince, in seguito è stata la volta del brit pop e a sedici anni dell’hip hop anche se non ha mai influenzato in nessun modo la mia musica.

In questo momento il tuo album non è ancora pronto, conosciamo i singoli Spit At Stars e Turn On The Platform due pezzi rock’n roll, scanzonati e ballabili, ma come descriveresti il mood dell’intero lavoro?
Credo che l’album nella sua totalità mi rappresenti meglio come persona, non ci sono undici canzoni up beat allegre e pop come i singoli da te citati, ovviamente c’è anche questo lato ma ho cercato di creare un album vario attraverso dei sali e scendi emotivi, ci sono episodi felici e danzerecci e altri che ti fan venire voglia di sdraiarti e ascoltare. E’ stato difficile scegliere i pezzi perché un album non è il singolo che senti alla radio e canticchi o balli nel club, l’album sono io e mi rappresenta, non ci sono vie di fuga. Una volta uscito l'album spero che le persone possano capire e vedere come sono fatto dentro.

I tuoi singoli usciti in 12” picture disc sono introvabili e su ebay raggiungono i 100 pounds l’uno, per un’artista emergente non è cosa da poco, inoltre ci sono i tuoi artwork disegnati con i pastelli e dei veri autoscatti in polaroid dentro ciascuno a renderli unici. E’ un altro modo per esprimere la tua creatività o per catturare l’attenzione?
Io amo il lato estetico delle cose e credo sia molto importante valorizzarlo, mi piace molto l’arte surrealista e quando ho del tempo libero mi piace visitare gallerie. Impazzisco anche per l’arte video e ho sempre disegnato, non so se sono bravo o meno, onestamente non mi sono mai preso sul serio da questo lato ma mi piace disegnare. Certo avrei potuto assegnare l’artwork dei miei lavori a qualcuno ma non ne vedo il motivo se posso farlo io stesso, i disegni aggiungono dettagli alla mia personalità e completano la mia musica.

I tuoi passi ballerini sono oggetto di controversia, io li trovo superdivertenti e non capisco come fai a suonare, cantare e ballare in quel modo allo stesso tempo, è stato difficile imparare a farlo?
No assolutamente! (Jack scoppia a ridere n.d.g.) Ballare è una cosa che faccio sin da ragazzo, ascoltando hip hop ho imparato a ballare la break e mi divertivo ad esibirmi alle feste con gli amici.Quando suono il mio corpo è carico d’energia e non riesce a contenerla, così trova sfogo nei miei piedi. E’ un processo naturale come capita a Stevie Wonder che non riesce a tenere ferma la testa, io non posso stare fermo quando suono, fa parte di me. So che alcune persone ridono di me per questo ma onestamente I don’t give a fuck! Ho capito da tempo che nella vita non c’è nulla di più bello d’essere se stessi e a molte persone manca la coscienza per capirlo. Guarda Prince per esempio ha sempre fatto quello che ha voluto fregandosene di tutto e di tutti presentandosi in pubblico truccato o con tutine scollate a mostrare il suo petto villoso e continua a farlo tuttora che ha quasi cinquant'anni. Io non ho mai sentito nessuno prenderlo in giro per questo, fa parte del suo essere. Il mio sogno è quello di poter raggiungere quest’obiettivo e non ho nulla da perdere perchè questo è quello che voglio fare nella vita. All’inizio avevo paura di non essere capito di risultare un pagliaccio, ma per fortuna la risposta del pubblico è andata ben oltre le mie attese.

Com’è Jack Penate dal vivo?
Gioioso, esplosivo, amoroso e non cinico mi piace instaurare un rapporto con il pubblico e non stare davanti a loro con aria superiore voglio che il pubblico capisca che sono uno di loro. Io sono cresciuto negli anni ’90 e ho visto molti concerti, all’epoca l’atteggiamento del brit pop era strafottente, le band salivano sul palco e sembravano pensare: “Avete idea di quanto siate fortunati a vederci? Perché noi siamo i migliori! Fuck You!”. Io non voglio esser così, voglio dire, senza un’audience io per primo non sarei nessuno. Tempo fa alla fine di un concerto un ragazzino che avrà avuto sedici anni è venuto da me dicendomi: “Ti voglio bene, posso abbracciarti?”. E’ stato lì che ho capito che il mio messaggio arriva alle persone, sono un new wave hippie e voglio spargere amore per tutti, basta con la violenza!

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