24 novembre 2010
16 settembre 2010
22 luglio 2010
23 maggio 2010
THESE NEW PURITANS
A palace where corridors and rooms follow one another and intersect in a tangle of spaces that can make you lose your direction completely and where it is difficult to enter and almost impossible to get out. It's not by chance that on the cover of Hidden, the new chapter of These New Puritans, there's the map of a labyrinth, a concept of construction related to the medieval age and handed on to us through the legend of Daedalus, Minos and the Minotaur, an era which deeply imbues this album. The four members of the band from Southend-on-Sea don't even sound the same anymore, so much this album is complicated and immense, full of trumpets, horns, deep medieval choirs, synthetic sounds and claustrophobic melodies, sinister and repetitive, that confuse and daze the listener, who will wander aimlessly in the dark.
History, its mythologies and the architectural structures have always been a clear passion as from their debut album, Beat Pyramid, for TNPS. The Barnett brothers, Jack, mind and voice, and George, drummer and model as well as muse of Hedi Slimane, who discovered them and asked them to write the music for the Dior Homme f/w 2007-08 show. The song “Navigate, Navigate” is now quite a rare 12” collector's item. Everyone awaits the release of Hidden with anticipation and Jack tells us how it all started.
What are the ideas on which the creative process of Hidden is based?
I got this idea of combining the same kind of production of a Britney Spears song with all those that can be considered as the values of the English music. I know it's a kind of idea that might seem confused and even impossible, but I think the outcome is just this. I would call it an album with a mixed technique.
As a matter of fact the outcome isn't quite something you catch on the first listening. You've got to listen to Hidden a few times to get into it and understand its nature, do you agree?
To be honest not quite, maybe because I created it myself but to me it's a rather immediate work, in fact I reckon it's even more accessible than Beat Pyramid. There're lots of little references in each song that make it lighter, more direct.
Your brother plays the drums. Percussions play indeed a leading role in this album. What's your point of view?
It's true, we've been listening to a lot of instrumental japanese music made just with percussions and drums, we wanted the sound of this album to be as huge as possible and percussions helped us getting to it.
The songs are very emotional, there's a sense of urge and fear flowing in each track. What did you want to tell us?
We originally intend to record a very aggressive album, actually it was meant to be called “Attack Music”, which is the title of one of the tracks but then, while we were developing it, it turned into a more intimate and melancholic album. It really was unintentional.
How was working with a children choir?
Great fun! Children are very adaptable, to them everything is a game. It's been fun to see these innocent children singing very confidently songs about attacks and violence. For us it was even a bit surreal, but as I'm a great medieval music fan, I thought it was the best way to recreate that kind of obscurity made with lightness.
There're so many sounds in Hidden. Did you use some common object to create uncommon sounds?
Yes, there's the sound of a melon struck by a hammer which recreates the sound of a head being smashed, but also the sound of chains, of noises caught on a camera and then put on tape, which comes out as an incredible futuristic effect.
What about your connection with the world of fashion, what are you attracted to?
It's stimulating, but for us it's just a way to keep on publishing our music.
Un palazzo in cui i corridoi e le stanze si susseguono e si intersecano creando un groviglio di spazi capace di far perdere completamente l'orientamento rendendo difficile l'accesso e quasi impossibile l'uscita. Non è un caso che sulla copertina di Hidden, nuovo capitolo dei These New Puritans vi sia posta la piantina di un labirinto, concetto di costruzione legato all’eta medievale e tramandato dalla leggenda di Dedalo, Minosse e il Minotauro, periodo storico di cui questo disco è intriso. I quattro di Southend-on-Sea non sembrano nemmeno più gli stessi per quanto complicato e immenso suona questo disco, ricco di trombe, corni, cupi cori medioevali, suoni sintetici e melodie claustrofobiche, sinistre e ripetitive che confondono e stordiscono l’ascoltatore che si troverà a vagare senza meta nell’oscurità. La storia, le sue mitologie e le strutture archittettoniche sono sempre state una passione evidente sin dal debutto Beat Pyramid per i TNP. I fratelli Harnett, Jack la mente e la voce del gruppoe George batterista e modello, musa di Hedi Slimane che li ha scoperti affidando loro il compito di comporre la musica per la sfilata Dior Homme f/w 2007-08 che è poi diventata Navigate Navigate oggi un 12” da collezione introvabile. Sempre alla maison Dior Homme i TNP hanno dato in esclusiva We Want War per la sfiltata S/S2010 un assaggio di questo nuovo album Hidden. Jack ci racconta come è nato.
Quali sono le idee alla base del processo creativo di Hidden?
Avevo quest’idea di unire lo stesso tipo di produzione che può avere una canzone di Britney Spears e di unirla con tutti quelli che sono i valori della musica inglese. Lo so che è un’idea che può sembrare confusa e anche impossibile ma credo che il risultato sia proprio questo. Lo definirei un album a tecnica mista.
In effetti il risultato non è molto da primo ascolto, bisogna ascoltare più volte Hidden prima di riuscire ad entrarvi e capire la sua natura, sei d’accordo?
A dire la verità non molto, forse perché io stesso l’ho creato ma per me è un lavoro piuttosto immediato, credo addirittura sia più accessibile di Beat Pyramid. Ci sono un sacco di piccoli riferimenti in ogni canzone che lo rendono più leggero, più diretto.
Tuo fratello suona la batteria infatti le percussioni in questo album hanno un leading role, qual’è il tuo punto di vista?
E’ vero, abbiamo ascoltato un sacco di musica strumentale giapponese fatta solo con percussioni e batteria, volevamo che il suono di questo album fosse quanto più grande possibile e le percussioni ci hanno aiutato ad ottenere questo risultato.
Le canzoni sono molto emozionali, c’è un senso di urgenza e di paura che scorre in molte tracce, cosa volevate comunicare?
La nostra idea originaria era quella di fare un disco molto aggressivo infatti doveva intitolarsi Attack Music che è il titolo di una delle tracce ma poi nel suo sviluppo ha preso una svolta più intima e malinconica, è successo senza premeditazione.
Com’è stato lavorare con un coro di bambini?
Molto divertente! I bambini si adattano a tutto, per loro qualsiasi cosa è un gioco è stato divertente vedere questi bambini innocenti cantare testi che parlavano di attacchi e violenza con totale disinvoltura. Per noi è stato anche un po’ surreale, ma essendo un appassionato di musica medievale ho trovato fosse il modo migliore per ricreare quel tipo di cupezza fatta con leggerezza.
Ci sono tantissimi suoni in Hidden, avete usato qualche oggetto comune per creare strane sonorità?
Sì, c’è il suono di un anguria rotta da un martello che ricrea il suono di una testa che si spacca, ma anche delle catene, dei rumori catturati con una telecamera e poi riversati su nastro, ne esce un effetto futuristico incredibile.
Cosa mi dici della vostra connection con il mondo fashion, cosa vi attrae?
E’ stimolante, ma per noi è solo un mezzo per poter continuare a pubblicare la nostra musica.
10 febbraio 2010
The Big Pink
Sudici, capelli arruffati, occhiaie, dita giallo nicotina, un vecchio chiodo e dei jenas sdrulciti, i Big Pink appaiono ruvidi e cupi come la musica che fanno, creata nei bassifondi di Londra; un mix di shoegaze e industrial, lampi controluce e morbidi corpi nudi femminili. A Brief History of Love un album che sembra il titolo di un film d’essai in bianco e nero, una storia d’amore, droga, sesso sfrenato e cuori infranti. Robbie Furze polistrumentista e Milo Cordell, fondatore della Merok music, sono i Big Pink e grazie a pezzi come Velvet e Domino sono usciti dallo scantinato in cui facevano musica per svelarsi al mondo, intorpidendolo con synth e chitarre distorte. Pensate al lato struggente dei Jesus and Mary Chains, ai ritmi ipnotici dei Velvet Underground, alla virata dance e psycho dei Primal Scream, alla cupezza dei Joy Division, aggiungete sesso e melodia e siete pronti per ascoltare questo disco, sdraiati sul divano consunto nel vostro basement con la sigaretta accesa che vi si consuma tra le dita.
Ciao Milo, come va?
Bene grazie sono in coda allo sportello della banca…
Tutto avrei immaginato ma mai di trovarti in banca a far la fila, pensavo di sentirti con la voce impastata reduce da un party…
Ahahah! E’ un duro periodo di lavoro, quasi li rimpiango i party.
Quando avete inziato come Big Pink avevate in mente di creare epiche canzoni erotiche e torbide?
All’inizio a dire la verità volevamo suonare come qualcosa di più artistico, comporre musica sperimentale che potesse andar bene per la colonna sonora di un’istallazione d’arte o di un film. Abbiamo iniziato prima a sperimentare e poi continuando a condensare il nostro suono le composizioni si sono mano a mano accorciate diventando canzoni. Ci conosciamo da un sacco di tempo e quindi abbiamo una certa sintonia quando suoniamo insieme. Ci veniva naturale comporre un pezzo noise di venti minuti come Crystal Vision il brano che apre l’album, all’inizio era solo musica distorta senza voce. Se l’ascolti con questo concetto in mente ti apparirà chiaro il nostro modo di lavorare.
Credo che questo aspetto artistico e cinematico sia rimasto presente soprattutto in canzoni come Velvet che dici?
Potrebbe tranquillamente essere una colonna sonora, a dir la verità per me l’intero album potrebbe esserlo, è la colonna sonora della nostra vita. Mi viene in mente quando abbiamo ascoltato per la prima volta l’album con dei nostri amici a Bruxelles sul tetto di un parcheggio, la musica usciva dalla macchina, si vedeva tutta la città all’imbrunire, fumavamo spinelli e bevavamo vino era la scena perfetta per quel momento della nostra vita.
Collezioni e scatti fotografie in bianco e nero di modelle anni ’30, gore, freak show e vecchi film muti, un gusto che contamina i vostri video, le immagini, gli show, mi piace questo dare un senso a tutto il progetto che è al cento per cento voi. Quando hai cominciato ad archiviare immagini?
Lo faccio da sempre, per me immagini e musica sono due elementi che vanno mano nella mano, senza saremmo tutti ciechi e sordi, vogliamo che le persone siano connesse con il nostro mondo e mi piace trasmetterlo collezionandoe pubblicando sul nostro sito immagini di film, di fotografi che amo o di persone che stimo. Le canzoni fanno riferimento alle immagini e le immagini alle canzoni diventando un tutt’uno.
Deduco che quando componi hai gia un’immagine chiara nella tua mente, una storia, un film…
Assolutamente, la fotografia come la musica ha il potere di estraniarti e di portarti lontano, le fotografie che raccolgo sono molto emotive pur non trasmettendo emozioni, sono le nostre esperienze personali la referenza che ci serve per rendere il tutto emotivo. Questo ragionamento vale anche per la nostra musica.
Se penso a voi che create musica v’immagino in uno squat sporco circondati da persone spaced out alle sei di mattina. E’ questa scena vicina alla realtà?
Ahahah! No… non potrei mai comporre musica a quell’ora di mattina. E fortunatemente non viviamo più in uno squat, non riusciamo a suonare fatti durante un party, ci viene naturale farlo il giorno dopo con l’hangover.
E’ vero che in Inghilterra il testo di Domino è stato accusato di misoginia? E’ uno dei miei preferiti…
Grazie! Ma sì purtroppo è vero anche se per me è solo un testo scherzono che parla di un uomo che cerca la propria rivincita personale su una donna che lo ha deluso, è un testo molto personale come lo è ogni traccia del disco.
Esiste l’amore senza dolore?
No! Ho paura di dover ammettere che il dolore è parte integrante dell’amore, putroppo l’amore non è sempre giorni felici, un buon odore nell’aria o dei fiori appena sbocciati. L’amore fa male, l’amore è gelosia, l’amore è piena di cose orribili e più cresci e più te le trovi davanti. Quando hai diciotto anni non vedi tutto questo ma essere innamorati è un fottuta tragedia piena delle insicurezze della vita e prima o poi ti colpisce allo stomaco. Ma è bellissimo e per questo sei disposto ad affrontare tutto questo tenendo sempre le dita chiuse.
Come sono i Big Pink live?
Dal vivo ci divertiamo un sacco! Non siamo in due, la nostra formazione varia da quattro a sei, perché ci piace sottolineare che siamo una live band, ci piace suonare a volume altissimo, un muro di suono con le voci alti e forte, credo che dal vivo siamo più aggressivi.
Hai fondato la Merok records, etichetta che ha scoperto i Klaxons e firmato in Inghilterra Crystal Castle e Telepathe. Hai tempo tutt’oggi di seguirla?
Certo, stanno succedendo un sacco di cose, abbiamo alcuni nuovi progetti che stanno per uscire e un nuovo blog che se ne occupa, si chiama Don’t Die Wondering, sono sempre in cerca di volti interessanti.
Per chiudere qual’è la colonna sonora che ti accompagna in questi giorni?
Ieri mi sono fatto prestare la macchina da un mio amico e sono andato a fare un giro per Londra con la mia fidanzata, in macchina aveva Definitely Maybe degli Oasis e per me è stata una riscoperta, era molto che non lo ascoltavo ed è stata la colonna sonora perfetta per un giro tra le strade inglesi, ho avvertito delle buone vibrazioni e mi ha ricordato la mia infanzia. Recentemente invece ascolto moltissimo i Cold Cave, un gruppo di Filadelfia,
hanno pubblicato da poco l’album Love Comes Close ed è davvero buono, il cantante Wasley Eisold proviene dalla band hardcore Some Girls e adesso fa queste canzoni synth pop magnifiche.
Mi piace che avete creato una formula riconsocibile, potete essere più pop come in At War with the Sun, più epici come in Domino, o più noise come in Velvet ma in tutti i casi suonate come i Big Pink...
Mi lusinga che reputi il nostro suono riconoscibile nonostante abbiamo cercato di variare il nostro suono il più possibile all’internbo del disco. Ci fa molto piacere essere riconosciuti come band.
Suz “Shape of Fear and Bravery” (No Mad)
Il trip hop, il raggae, il fumo, il cervello che si appanna, suoni che prendono lentamente coscienza, che s’intrecciano a formare melodie che ipnotizzano, rapiscono, intorpidiscono i sensi. Sono le canzoni di Shape of Fear and Bravery il debutto di Suz che da Bologna con complice Ezra riesce a creare un prodotto dal sapore multiculturale. Canzoni che parlano di quel malessere generazionale che spazia dal quotidiano al mal d’amore, canzoni dall’atmosfera inquietante come The Gathering che ti avvolge nel suo torpore e poi ti sguinzaglia nell’atmosfera contaminata dal jazz di Fear. Little by Little è un raggio di sole dopo un temporale sulla spiaggia, Hell is Abscence una sinistra ninna nanna. Un disco dalle sonorità cupe ma calde in cui Suz modula la sua voce con destrezza creando melodie accattivanti che ti penetrano nella mente fino a fartele cantare. Bellissime le illustrazioni di Eppesteingher che vanno perfettamente d’accordo con il mood oscuro e anche sognante dell’album.
3 febbraio 2010
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